Enrico Zanisi Trio

Last update: 24/04/2019
Provengo da una famiglia di musicisti, mio padre flautista e mia madre pianista entrambi diplomati. Il pianoforte era in casa, un piccolo verticale che mia madre usava per impartire lezioni e io ero abituato ad ascoltare musica di qualsiasi genere anche se prevalentemente classica. Non ricordo ovviamente il momento esatto, ma venne un giorno in cui decisi di conoscere meglio quel bel mobile in salone. Cominciai a riprodurre brevi melodie, quelle classiche canzoncine che ti vengono insegnate alla materna; mi accorsi di avere intuito e soprattutto mi divertivo molto. I miei mi fecero cominciare il percorso classico con un ottimo insegnante che mi vedeva una volta a settimana; non era difficile imparare la tecnica, come non lo era leggere la musica degli autori classici, perciò passavo molto più tempo a suonare Remo Vinciguerra o a strimpellare qualsiasi cosa che mi passava per la testa. Ho praticato musica da camera fin dagli 8 anni, in duo con violino, flauto, in trio con violino e violoncello, in piccolo ensamble, orchestra; ho ricordi meravigliosi di pomeriggi passati con altri ragazzi a suonare e a giocare a pallone mentre i genitori preparavano le merende. Il contatto con il pubblico fu quasi immediato: iniziai a partecipare ai concorsi e a esibirmi con le formazioni con cui provavo a casa per abituarmi a imparare a memoria il repertorio e a non aver timore di suonare di fronte a una platea o a una giuria. Tra i vari concorsi che ho vinto con un Primo Premio Assoluto ricordo il Piccole Mani di Perugia dove eseguii le Kinderszenen di Schumann e l'Ama Calabria, concorso di una certa rilevanza per giovani pianisti, dove suonai la Suite Bergamasque di Debussy che contiene anche il famoso Claire de Lune. Con mio padre abbiamo girato un po’ tutta l’Italia per i concorsi, e siamo stati anche all’estero quando per esempio mi aggiudicai in trio con violino e violoncello il terzo premio al Concorso Internazionale Jugend Musiziert. Oltre alla musica classica non perdevo occasione per suonare “le mie cose”, per scriverle e sentirle con un programmino facile che mio padre aveva installato sul computer di casa. Sognavo di diventare una rockstar: tra la fine delle elementari e l’inizio delle medie avevo messo su un gruppo con cui suonavamo i Dream Theater, gli Emerson Lake and Palmer, i Genesis e i Led Zeppelin. Ero un fan dei Nomadi, l’unica band italiana a piacermi e scrissi anche qualche canzone poi cestinata per la vergogna. Il jazz. Credo che i miei genitori un giorno si fecero una domanda: ma se nostro figlio invece di studiare Bach suona sempre quello che gli pare, scrive, improvvisa, perché non gli proponiamo un’altra strada? Da musicisti e da insegnanti capirono subito la direzione che stavo prendendo. Mi tolsero dalla scuola calcio e mi iscrissero a un corso di Jazz presso una scuola di musica; ma in un anno appresi a malapena la differenza tra una scala lidia e una misolidia. I Dream Theater erano comunque il mio sogno, il jazz era una musica vecchia, da ballo. Decisi però di andare fino in fondo alla faccenda, e spronato dai miei tentai l’ammissione a Siena Jazz: con mia grande sorpresa sono state le due settimane più intense della mia vita. Avevo 15 anni, ero da solo in una città meravigliosa ed ero a contatto con centinaia di studenti più grandi di me e con i migliori jazzisti italiani: non avevo dubbi, avrei fatto il jazzista e basta con il power metal! Gli anni che seguirono furono entusiasmanti. Studiai con Marco Di Gennaro, pianista e insegnante fantastico, che mi insegnò praticamente tutto in nove mesi. Frequentai i corsi estivi della Saint Louis per tre volte e Umbria Jazz (dove ottenni una borsa di studio di 10.000 dollari per frequentare la Berklee) studiando con Kenny Werner, Marvin Stamm, Joey Calderazzo, Phil Markowitz, Larry Grenadier e tanti altri giganti del Jazz. Nel frattempo mi sono diplomato in pianoforte classico con il massimo dei voti e la lode a L’Aquila sotto la guida di Walter Fischetti. M'iscrissi a concorsi jazzistici: secondo posto al Premio Roma Jam Session, primo premio al Concorso di composizione ed esecuzione pianistica Franco Russo, borsista al Premio Massimo Urbani, Primo Premio e Premio del Pubblico al Concorso Nazionale per Nuovi Talenti del Jazz Italiano Chicco Bettinardi, Primo Premio al Vittoria Rotary Jazz Award concorso indetto dal celebre sassofonista Francesco Cafiso. Nel 2009 sono stato anche ammesso alla Manhattan School of Music di New York; nello stesso anno ho inciso il mio primo disco (Quasi Troppo Serio, prodotto da Nuccia e distribuito da Egea) in trio con Ettore Fioravanti alla batteria e Pietro Ciancaglini al contrabbasso. Da bravo ragazzo ho finito le scuole superiori e mi sto per laureare in Jazz al Conservatorio Licinio Refice di Frosinone. Sta per uscire il mio secondo disco di brani originali, Life Variations, in trio con Alessandro Paternesi alla batteria e Joe Rehmer al contrabbasso, prodotto dalla Cam Jazz. In questi sette anni di jazz ho avuto il piacere di collaborare con musicisti fantastici ognuno dei quali mi ha stimolato a studiare e a ricercare formule personali di espressione musicale, con la più sincera umiltà e grande passione possibili: Sheila Jordan, David Liebman, Andy Sheppard, Stefano Di Battista, Javier Girotto, Giovanni Tommaso, Francesco Cafiso, Ares Tavolazzi, Pietro Ciancaglini, Ettore Fioravanti, Daniele Scannapieco, Fabrizio Bosso, Anthony Pinciotti, Roberta Gambarini, Massimo Nunzi, Marco Siniscalco, Dario Deidda, Gabriele Mirabassi. ------------------------------------------------------------------------------------------------ …Nel caso di Zanisi, quindi, vista anche la giovane età, non è peregrina la domanda se ci si trovi davanti ad un nuovo Massimo Urbani: è sicuramente anche lui un geniaccio, fra i pianisti, il paragone più immediato potrebbe essere Luca Flores,... (Marco Maimeri – Premio Roma Jam Session 2007) Enrico Zanisi plays with an assuredness that belies his years with a wonderful touch, lyricism and swing. (Phil Markovitz – Manhattan School of Music 2009) Corale, traccia quattro. Difficile ascoltare questo brano a tempo lento, dalle note distillate e sofferte, e non rimanerne rapiti. La Musica, il suo interplay trasmettono maturità e profondità che non si sospetterebbero in un così giovane pianista. Eppure il romano Enrico Zanisi ha tecnica, classe e sa far vibrare le note con intensità emotiva. Questo cd è una preziosa boccata d'ossigeno per chi crede che il jazz non sia confinato nell'accademia, nel glamour o nell'intrattenimento. (Luigi Onori 2010 – Recensione del CD "Quasi troppo serio")