Civico Tempio di San Sebastiano

Via Torino, 28
M1-3 Duomo
Tram 1, 2, 3, 12, 14, 15, 16, 24, 27/Bus 54
BikeMi 10 - Missori
Ha status ambiguo, insieme civile e religioso, il Civico Tempio di S. Sebastiano, e fin dall'inizio della sua storia è conteso tra Chiesa e Stato di Milano: il 15 ottobre 1576, infatti, secondo la più recente lettura dei documenti (Scotti, 2002), il governatore di Milano, marchese di Ayamonte, chiese al vicario di provvisione Giovanni Battista Capra di promuovere un voto per chiedere la fine della peste che tormentava la città da molti mesi.
L'iniziativa è, come si vede, totalmente civica, ma Carlo Borromeo, secondo l'ipotesi della Scotti, fu svelto a inserirsi, invocando le recenti norme che regolavano i rapporti tra Chiesa e Stato milanese: il progetto di rinnovamento della chiesa doveva essere sottoposto all'approvazione delle autorità religiose, e anche la nomina del cappellano civico non poteva essere valida senza la ratifica vescovile.
Il progetto fu affidato alle cure di Pellegrino Tibaldi, architetto di fiducia di Carlo Borromeo, non sappiamo se per libera scelta delle autorità milanesi o per imposizione dell'arcivescovo. Pellegrino, nell'invenzione, dovette tener conto di alcuni condizionamenti: lo spazio assai ridotto di cui disponeva, soprattutto, e i fondi modesti stanziati dalla Fabbriceria, che gli suggerirono l'idea insolita di un edificio perfettamente cilindrico. Idea che aveva, per di più, il pregio di un denso richiamo simbolico ai martyria paleocristiani, e particolarmente alla basilica milanese di S. Lorenzo (Rovetta, 1986). Donavano, inoltre, nobiltà formale al nuovo tempio le colte citazioni dall'antico: il palese rimando alla struttura del Pantheon, edificio che Pellegrino amava molto e da cui deriva la soluzione delle cappelle radiali inserite nello spessore del muro (Della Torre - Schofield, 1994) e l'idea della cupola a lacunari, che non sarà realizzata.
Per l'esterno, Pellegrino sceglie un registro di voluta severità: scandiscono il piano, nel primo ordine, coppie di lesene di ordine dorico che racchiudono, in corrispondenza delle cappelle interne, otto grandi archi (Buratti Mazzotta, 1990); sopra l'architrave si svolge il fregio a triglifi e metope decorate con gli attributi di san Sebastiano (Antonini, 2002). Non sappiamo esattamente quale fosse l'idea di Pellegrino per la cupola.
Approvato il progetto, la posa della prima pietra avvenne il 6 settembre 1577. I lavori procedettero con discreta regolarità fino al 1586, anno della partenza di Pellegrino Tibaldi per la Spagna. L'esame dei documenti (Rovetta, 1990; Scotti, 2002) relativi al cantiere, in particolare i contratti e i verbali di stima dei lavori, testimonia che in quel momento il tempio di S. Sebastiano era compiuto fino al primo ordine ed era finita anche la cappella maggiore, che Pellegrino aveva voluto d'impianto quadrangolare e appena sporgente dal perimetro.
Partito Tibaldi, la direzione del cantiere passò a Giuseppe Meda, che modificò, ampliandola, la cappella maggiore e, qualche anno dopo, a Pietro Antonio Barca che, a partire dal 1599, diresse la costruzione del tamburo rientrante rispetto al primo ordine, non previsto dal progetto di Pellegrino, e della cupola estradossata, con contrafforti formati da robuste mensole rovesciate (Scotti, 2002). Forse agli stessi anni risale l'idea della chiusura delle finestre termali: il tamburo, infatti, aveva otto grandi aperture che rendevano inutili quelle sottostanti. La fabbrica sarà definitivamente compiuta nella prima metà del XVII secolo: sotto la guida di Fabio Mangone, verso il 1616-17 un nuovo presbiterio fu aggiunto alla cappella maggiore, alterando così la perfetta circolarità dell'impianto immaginato da Pellegrino Tibaldi; ed entro la metà del secolo, forse su progetto dello stesso Mangone, si costruì il secondo ordine ionico che copre, al modo degli antichi tiburi lombardi, l'estradosso della cupola. Venne così definitivamente alterato il volto del tempio che Tibaldi aveva ideato come Pantheon lombardo.