Masters of Tradition

Last update: before 2019
Se si parlasse di calcio, potremmo definirla la “Nazionale irlandese”: Masters of Tradition riunisce infatti i più dotati musicisti tradizionali dei rispettivi strumenti: uillean pipes, violino, chitarra, organetto e canto tradizionale sean nós. Una sorta di “summa” della musica tradizionale irlandese, presentata ai suoi massimi livelli espressivi. L’idea nasce dall’omonimo festival che si svolge a Bantry nella contea di Cork, nel corso del quale ogni anno i migliori interpreti della tradizione musicale irlandese si esibiscono in formazioni di stampo cameristico all’interno del raffinato contesto di Bantry House, una meravigliosa villa settecentesca, oggi patrimonio dell’Unesco. Il Festival di Sidney richiede a Martin Hayes, direttore artistico a Bantry, di esportare nella lontana Australia la formula del festival. Martin, proprio come un commissario tecnico calcistico, “convoca” 6 straordinari musicisti e spiega: «Sono tutti artisti che hanno trovato la loro propria e particolare voce musicale. Musicisti dinamici e potenti. Mi sento particolarmente a mio agio a salire sul palco con questi artisti. So che sentirò qualcosa che non ho sentito la sera precedente e sarà ancora diverso quella successiva. So anche che sarà pieno di energia e di vita» Il successo delle due esibizioni di esordio all’Opera House (per due volte sold out) di Sidney è imponente e spinge Martin e compagni a non lasciare isolata questa esperienza, a renderla stabile e a portarla in giro per il mondo. La formula prevede una prima parte di concerto in cui i musicisti si esibiscono in solo, duo e trio, proprio come al festival di Bantry. Nella seconda parte i “magnifici sette” si ritrovano insieme sul palco per una entusiasmante galoppata tra jig e reel. All’esordio australiano fanno seguito due acclamati tour negli Stati Uniti nel 2012 e 2013, che portano il progetto nei migliori teatri di New York, Boston, Philadelphia, Austin, Washington DC, San Francisco, Seattle e Denver. Le reazioni di pubblico e critica sono sempre entusiaste, scrive il «New Yorker»: «Masters of Tradition tiene fede al suo nome: da non perdere!»